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Leonard Fife, uno dei sessantamila disertori e renitenti alla leva che fuggirono in Canada per evitare di servire in Vietnam, condivide tutti i suoi segreti per demitizzare la sua vita mitizzata. Basato sul romanzo “Foregone” di Russell Banks. Questa è la seconda volta che Paul Schrader dirige uno dei romanzi di Banks per lo schermo, dopo il suo adattamento di Affliction (1997). Citato in Film Junk Podcast: Episodio 961: In a Violent Nature + TIFF 2024 (2024). Richard Gere è un rispettato regista di film documentari duri e oltraggiosi. Lavora con la moglie e produttrice, Uma Thurman. Molti anni fa fuggì dagli Stati Uniti per protestare contro la guerra del Vietnam. Ora è il 2023, sta morendo e molti dei suoi studenti stanno girando un documentario, intervistandolo durante le proteste e sotto l’occhio vigile della sua produttrice e moglie, Uma Thurman. Schrader è uno scrittore attento e ci sono diversi modi per interpretare questo film. Alcuni critici lo hanno definito “autobiografico” perché sono così intellettualmente pigri che non si preoccupano di pensare a più di una cosa prima di rinunciare. Questo film potrebbe avere punti autobiografici. Il film riflette sicuramente le opinioni di Schrader, più di, diciamo, quelle di un panda o quelle di un grosso pezzo di roccia raschiato dallo Scudo Laurenziano alla morena terminale di Long Island. Questo, penso, non lo rende autobiografico, né lo fa il fatto che il ragazzo sia un regista. Ci sono registi e ci sono registi. Mentre Gere e le persone che girano il film all’interno del film vogliono fare un film sensazionale a prescindere dal costo, l’unico desiderio della signorina Thurman è proteggere suo marito, anche se sa già il peggio. Ho pensato se questa fosse una meditazione sul cinema in sé. Certamente ha aspetti di questo. Un regista girerà molto più materiale di quanto gli serva e lo monterà fino a ottenere una forma finale che potrebbe o meno avere una qualche relazione con la realtà o con le intenzioni originali del regista. Mentre Gere muore davanti alla telecamera e per tutto il film, gli eventi della sua vita che vuole raccontare appaiono confusi e irregolari, fondendosi e cospirando tra loro. Per dare un senso a tutto questo, per farne un film (dato che i ragazzi all’interno del film hanno già un contratto per venderlo), avrai bisogno di un montatore. Questo è il vero lavoro di qualsiasi narratore: organizzare eventi e personaggi in una storia in modo che abbia senso per il pubblico. Ma la cosa più importante da capire di questo film è vedere che, come altri nell’opera di Schraeder, riguarda principalmente l’indignazione. Per certi versi, il suo lavoro assomiglia a quello di Ingmar Bergman: cresciuto religioso, ha riflettuto sulla fallibilità umana in un mondo senza Dio che gli fornisse un quadro oggettivo di giusto e sbagliato: sconcerto e delusione, lasciando il pubblico a chiedersi come creare un sistema di moralità. Schraeder, d’altro canto, sembra indignato, pieno di disperazione, e lascia che gli sventurati sopravvissuti puliscano il pasticcio. Gere lascia che i registi diano un senso alla sua intervista, e la signorina Thurman pulisce il pasticcio e le bugie che ha fatto della sua vita. Non è un problema di Gere: è morto. E non è un problema di Schraeder. Comunque, questi sono alcuni dei modi di guardare il film che mi sono venuti in mente. Se lo vedete, anche se non c’è un’esplosione o una buona battuta, fatemi sapere se vi sembra sensato. E se avete anche altre interpretazioni.